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EQUINOZIO DI PRIMAVERA: Ha inizio la stagione più dolce

Il 21 marzo segna l’Equinozio di Primavera, apertura ufficiale della stagione più dolce dell’anno e antica “porta del ciclo” pagana. Non è una festa celtica propriamente detta e non ci sono tracce scritte o evidenze sul fatto che i Celti la festeggiassero, e nessun nome legato a questa festa si ritrova propriamente nella tradizione celtica antica. Molti caratteri simbolici associati al concetto di Primavera, invece, gravitano sia su Imbolc (1° febbraio), data dell’inizio interiore della stagione che si risveglia nel mondo sotterraneo della Terra Madre, sia su Beltane (1° maggio), suo culmine e passaggio verso la grande luce dell’estate.
Equinozi e solstizi erano visti come momenti di transizione. A proposito: Equinozio deriva da “equum nocti” ovvero “uguale alla notte”, infatti giorno e notte hanno la stessa durata. Questo raro bilanciamento perfetto dei giorni solstiziali era considerato dai popoli antichi un momento potente per i riti sacri.

Sulle tracce della Dèa
Sebbene le Quattro Feste del Fuoco celtiche – le Porte del Ciclo della Terra – fossero le occasioni rituali preminenti dell’anno celtico, sappiamo che le feste solari nel periodo più antico avevano acquisito qualche significato anche nella tradizione celtica. I due solstizi (d’estate e d’inverno) erano le sole celebrazioni commemorate quasi ovunque, tuttavia alcune tracce mostrano che una data vicino all’equinozio era festeggiata in alcune comunità. La festa dell’Annunciazione della Vergine (25 marzo) è indicativa: le principali feste mariane segnalano sempre la presenza, nella stessa data o nei giorni vicini, di una festa incentrata sulla Dèa.
Diodoro Siculo allude all’evento commemorato in questo giorno quando, parlando di un tempio circolare ornato di offerte votive in un’isola degli iperborei, racconta che «ogni diciannove anni il dio appariva danzando nel cielo il giorno dell’equinozio di primavera». La solarità del numero 19 riemerge in Irlanda, nel monastero di Kildare fondato da Santa Brigit: diciannove vergini avevano il compito di vegliare la sacra fiamma che rappresentava la Madre. Il dio solare maschile nelle tradizioni più antiche le è compagno ma non prevale e il suo “apparire” radioso è collegato ai riti di fertilità.

I tre santi celtici di marzo
In marzo ci sono tre celebrazioni dedicate ad alcuni fra i più importanti santi celtici e diventate feste nazionali. Le feste dei Santi normalmente coincidono con la data della loro morte, ma qualcuno ha suggerito che la loro collocazione in questo periodo possa far pensare che qualche rituale più antico sia stato redistribuito nelle festività cristiane.

San Dewi
Il 1° marzo si celebra il St. David’s Day dedicato a San Dewi (David), patrono del Galles. Di lui si hanno scarse notizie da antichi manoscritti: sua madre si chiamava Non e suo padre, Sant, era figlio di Ceredig, Re di Ceredigion. Dopo essere stato educato nel Cardiganshire, Dewi andò in pellegrinaggio in Galles e nell’ovest dell’Inghilterra dove secondo la tradizione fondò importanti centri religiosi come Glastonbury e Croyland. Morì nel 589 d.C.

San Piran
Il 5 marzo si celebra il St. Piran’s Day dedicato al Santo Piran, patrono della Cornovaglia e dei minatori che scavano lo stagno. Secondo la leggenda, dall’Irlanda Piran navigò su una pietra da macina e poi scoprì come fondere lo stagno quando accese il fuoco su alcune pietre che contenevano il minerale. La celebrazione più importante si svolge a Perranporth e richiama migliaia di persone da tutta la Cornovaglia.

San Patrizio
Il 17 marzo c’è il celeberrimo St. Patrick’s Day dedicato a San Padráigh (Patrizio), il patrono dell’Eire che cristianizzò gli irlandesi, il suo apostolato sull’isola durò trent’anni. Padráigh spiegò alla gente il concetto mistico della Trinità paragonandola al trifoglio – tre entità distinte, le foglioline, riunite in un’unica pianta – ed ecco che il trifoglio è assurto a simbolo dell’Isola Verde (da ricordare: la triplicità divina era una caratteristica della divinità celtica e di altre deità pagane, anche in questo caso è materiale che il cristianesimo ha riadattato per farsi comprendere). Il St. Patrick’s Day viene celebrato in tutto il mondo dalle comunità irlandesi, l’evento maggiore si svolge a Dublino e calamita centinaia di migliaia di persone. Anche negli Stati Uniti si svolgono mega-celebrazioni profondamente intessute di Heritage (eredità) e “orgoglio irlandese”. La festa ha fatto ormai il giro del mondo e anche i non-irlandesi omaggiano il St. Patrick’s, qui da noi ci sono numerose rassegne musicali.

Ostara e Pasqua della Resurrezione
L’importanza della ricorrenza equinoziale non è solo una convenzione astronomica legata al risveglio della natura. Proprio il retaggio pagano ha continuato a lasciare impronte molto marcate attraverso i secoli, segnali che ritroviamo in tradizioni folcloriche e religiose giunte fino ai giorni nostri. Se i pagani, per esempio, festeggiano Alban Eiler, che significa “Luce della Terra” (ulteriore collegamento solare) oppure Ostara (da Öistre, antica dea nordica dell’alba, della primavera e dell’amore equivalente alla dea scandinava Freya), i cattolici celebrano la Pasqua. In entrambe le festività sacre il tema centrale è la rigenerazione: il passaggio dal mondo sotterraneo (inverno, sonno della coscienza collegato al letargo animale e delle piante) al vero risveglio, della natura e della spiritualità.

L’uovo e la lepre
Il famoso Uovo di Pasqua al cioccolato ha antenati nei villaggi precristiani dell’Europa. L’uovo, che ha importanza in molte culture di tutto il mondo, è uno dei simboli più antichi e potenti della vita che ritorna dopo un periodo di occultamento nell’oscurità, nella sua versione commerciale dentro c’è infatti la “sorpresa”.
Nei Paesi celtici del nord Europa tanti anni fa si usava far rotolare le uova dalla cima di una collina per la festa di Beltane, a imitazione del movimento del sole nel cielo. La Chiesa cattolica rimodellò il rituale per simboleggiare la pietra che rotola via dalla tomba di Cristo risorto e in molte tradizioni contadine, dalla Scozia all’Italia, per Pasqua i bambini usavano fare la “questua delle uova”, i soldi raccolti venivano dati in parrocchia o per opere benefiche (in Friuli, e forse in qualche altra regione delle nostre, nei piccoli paesini la tradizione continua ancora). Accenni e allusioni degli scrittori classici e dell’iconografia celtica suggeriscono che i druidi potrebbero aver avuto una tradizione collegata all’Uovo Cosmico, forse assimilata dai loro contatti con l’orfismo del mondo mediterraneo (i Misteri Orfici presero origine dal mito di Orfeo, poeta e sublime bardo della Tracia).
Il coniglietto pasquale, molto diffuso nei Paesi anglo-americani, rimanda alla mitologia germanica: è la “Österhase” o “lepre pasquale”, l’animale della fertilità che accompagna le divinità della primavera e dell’amore, ed Eostre (l’antico nome inglese di questa divinità, una variante di Öistre) è rimasto come nome della festa anche nella sua forma cristiana: in inglese Pasqua si dice Easter.

La Festa degli Alberi
Nel 1951 uscì un francobollo da 10 Lire dedicato a questa festa, istituzionalizzata di recente ma già conosciuta e diffusa da decenni, soprattutto nelle scolaresche. Qualcuno di noi, qui in redazione, ricorda che già negli anni Sessanta a scuola assegnavano un tema e bisognava fare anche un disegno ispirato alla Festa degli Alberi. Quando arrivava “il gran giorno”, era gran festa veramente: per un giorno si stava all’aperto in campagna a “ravanare” nella terra respirando aria buona.
Con Decreto Ministeriale del 4 agosto 2000 il Ministero delle Politiche agricole e Forestali, di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione, ha istituito la celebrazione della “Festa degli Alberi”, che si festeggia il 21 marzo.
La festa coinvolge sempre e soprattutto i bambini delle scuole elementari (insieme a maestre e maestri) e il culmine della giornata è la cerimonia della piantagione di nuovi alberi, con la collaborazione del Corpo Forestale dello Stato. Ogni bimbo è incoraggiato ad avere cura del “suo” albero per il resto della vita e questo significa anche che trasmetterà il compito ai suoi figli e discendenti. Avere cura di un albero per generazioni è un concetto d’amore per il mondo della natura significativo e profondo, ci piace collegarlo al Nobile Pensiero Celtico.

   
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